Carla Caruso

Prof. II fascia
E-Mail:
caruso@unitus.it
Telefono:
0761357330
Collocazione ufficio: I piano, stanza 222d

DIDATTICA link al sito personale facolta

RICERCA
ATTIVITA’ SCIENTIFICA DETTAGLIATA

La Prof.ssa Carla Caruso è autrice al momento di 55 pubblicazioni in forma estesa pubblicate su riviste internazionali, 5 pubblicazioni su libri, 23 pubblicazioni di Proceedings di Convegni Internazionali e Nazionali, e 72 Comunicazioni a Congressi Nazionali e Internazionali, per un IMPACT FACTOR complessivo di 148,45.
Brevetti
Co-titolare del brevetto per “Procedimento per la rinaturazione, idrolisi e produzione di proteine PR ricombinanti, composizioni e kit utilizzabili in tali procedimenti” la cui domanda e’ stata depositata in data 15 Maggio 2001 con il Numero RM2001A000257.

Fin dall'inizio della sua carriera scientifica la Prof.ssa Carla Caruso si é interessata del rapporto fra struttura e funzione di alcune proteine di notevole interesse. La sua attività di ricerca ricopre l’arco di 25 anni e comprende studi su:
1.    ribonucleasi bovina;
2.    glucosio-6-fosfato deidrogenasi isolata da eritrociti umani;
3.    il trasportatore di glucosio isolato da eritrociti umani;
4.    la fosforilasi b da muscolo di coniglio;
5.    l'alcool deidrogenasi dal batterio termofilo Sulfolobus solfataricus;
6.    emoglobine isolate da teleostei antartici;
7.    idrolasi isolate da semi di frumento;
8.    proteine Pathogenesis-Related (PR) isolate da semi di frumento
9.    isolamento di geni di difesa in frumento.
Inoltre, la sottoscritta si è anche interessata dello sviluppo di metodologie avanzate per lo studio della struttura primaria delle proteine basate sull’uso del personal computer e di banche dati disponibili in rete utilizzando un approccio di tipo bioinformatico. Infine, sono stati anche effettuati degli studi in collaborazione con altri gruppi di ricerca interessati alla caratterizzazione strutturale e funzionale di proteine di particolare importanza.

1. Ribonucleasi
La ribonucleasi pancreatica bovina (RNasiA) è un enzima monomerico di circa 13,7 kDa caratterizzato dalla presenza di quattro ponti disolfuro intercatena. Tale enzima è stato molto studiato da numerosi ricercatori ed ha rappresentato un ottimo modello per lo studio del folding proteico. Nel laboratorio dove è iniziata la attività scientifica della sottoscritta si studiava già da tempo un altra ribonucleasi purificata dal liquido seminale di toro, denominata BS RNasi; tale proteina è costituita da due catene identiche di circa 13,7 kDa ciascuna unite da due ponti disolfuro intercatena. Dalla analisi della sequenza amminoacidica della BS RNasi si potè constatare che la sequenza del monomero mostrava una elevata identità di sequenza con la RNasi A che come già detto è un enzima monomerico.
Nell'ambito delle ricerche iniziate nel periodo di elaborazione della tesi sperimentale, si sono messe a punto varie metodiche di preparazione di aggregati dimerici della ribonucleasi pancreatica bovina da studiare dal punto di vista funzionale. A tale scopo è stata verificata la capacità di aggregazione della RNasi A in seguito a trattamenti con numerosi nucleotidi (ciclici e non), nonchè alla incubazione con  RNA purificato da lievito. Al termine del lavoro svolto presso il gruppo del Prof G. D’Alessio, si potè constatare che i migliori risultati si ottenevano utilizzando il nucleotide ciclico CMP. Gli aggregati dimerici della RNasi A sono stati successivamente utilizzati per studi cinetici su RNA sia a singola che a doppia elica. Tali dati sono stati paragonati a quelli già noti per la RNasi seminale nativa (dimerica) allo scopo di chiarire le relazioni struttura-funzione per entrambi gli enzimi

2. Glucosio-6-fosfato deidrogenasi (Lavori 1, 3, 5, dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
La glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD) svolge un ruolo fondamentale nel metabolismo dei pentoso-fosfati ed é un enzima chiave per la generazione di NADPH e per la produzione di ribosio-5-fosfato, componente fondamentale per la sintesi degli acidi nucleici. L'enzima é largamente distribuito in tutte le specie, dai microorganismi ai mammiferi; lo studio della G6PD da eritrociti umani é stato oggetto di intenso studio data l'importanza che questo enzima riveste nel campo della genetica umana e per le sue implicazioni cliniche.
Poiché la concentrazione di G6PD negli eritrociti é relativamente bassa (2-3 mg.l-1) é stata messa a punto una metodica rapida basata su cromatografia di affinità utilizzando 2',5'-ADP-Sepharose che consente di preparare quantità sufficienti di enzima per effettuare studi di struttura primaria. E' stata inoltre determinata la sequenza C-terminale della proteina che, contrariamente a quanto precedentemente riportato in letteratura, é identica a quella della G6PD da leucociti umani. Mediante studi di inattivazione con PLP e successivo trattamento con sodioboroidruro per rendere irreversibile l'inattivazione, si é potuto dimostrare il coinvolgimento di una lisina particolarmente reattiva nel sito catalitico dell'enzima; dopo idrolisi con tripsina dell'enzima inattivato si é potuto purificare il peptide triptico marcato con PLP (17 ammino acidi) e determinarne la struttura primaria mediante sequenza manuale. Studi di omologia di sequenza hanno messo in evidenza una elevata identità con la corrispondente regione dell'enzima purificato da S. cerevisiae e una piu' scarsa omologia con quella della G6PD da L. mesenteroides , che, a differenza dell'enzima eritrocitario, utilizza come coenzima sia il NAD+ che il NADP+. Sebbene non si possa univocamente asserire che la lisina reattiva sia essenziale per l'attività catalitica dell'enzima, si puo' tuttavia ipotizzare che il legame del PLP a questo residuo renda il sito di legame per il substrato inaccessibile al G6P.

3. Trasportatore di glucosio (Lavoro 2 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
Quasi tutte le cellule animali contengono una proteina carrier coinvolta nel trasporto del glucosio all'interno delle cellule. Studi strutturali del trasportatore del glucosio purificato da eritrociti umani sono stati effettuati mediante spettrometria di massa FAB (Fast Atom Bombardment) e sequenza automatica in fase gassosa dopo aver digerito la proteina con CNBr e tripsina. Inoltre sono stati prodotti anticorpi monoclonali e antisieri policlonali contro questa proteina, utilizzati per analizzare una library di cDNA derivante da una linea cellulare di epatoma umano (HepG2) clonata nel vettore di espressione λgt11; successivamente é stata determinata la sequenza del cDNA da cui é stata dedotta quella della corrispondente proteina da epatoma. Sulla base dei dati ottenuti é stato possibile verificare che la proteina da epatoma presenta un elevato grado di identita' di sequenza con il trasportatore di glucosio purificato da eritrociti umani e consiste in una glicoproteina integrale di membrana di circa 55KDa che possiede 12 domini che attraversano la membrana plasmatica. Mediante esperimenti di Northern blot si é anche potuto verificare la presenza di RNA omologhi all'mRNA del trasportatore da HepG2 in altre linee cellulari e tessuti; in particolare in una linea cellulare di leucemia (K562), in una linea di adenocarcinoma (HT29) e da tessuto midollare e corticale di rene. Questi risultati indicano che il trasporto del glucosio puo' essere effettuato da una stessa proteina o da una molto simile nel fegato, negli eritrociti e nel rene.

4. Fosforilasi b (Lavoro 4 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
La fosforilasi b da muscolo di coniglio é un enzima dimerico formato da due subunità identiche di circa 97 KDa la cui l'attività enzimatica é modulata dall'attivatore allosterico 5'AMP. Il coinvolgimento di residui di tirosina nelle proprietà catalitiche e allosteriche della fosforilasi b é stato messo in evidenza utilizzando diversi sistemi sperimentali ed in particolare mediante l'utilizzo del tetranitrometano (TNM) che modifica covalentemente sette dei 36 residui di tirosina disponibili causando una inattivazione quasi completa; la presenza di 5'AMP nella miscela di reazione durante la reazione con tetranitrometano riduce drasticamente la inattivazione e porta alla nitrazione di sei residui di tirosina. Da queste evidenze si puo' ipotizzare che il residuo di tirosina che viene specificamente protetto dal 5'AMP durante la reazione di nitrazione si trovi vicino al sito di legame per l'effettore allosterico. L'identificazione di tutti i residui di tirosina modificati dal TNM in assenza di 5'AMP é stata conseguita purificando tutti i peptidi triptici contenenti nitro-tirosina derivanti dall'idrolisi con tripsina dell'enzima modificato e sequenziando tutti i frammenti utilizzando un sequenziatore automatico di proteine (spinning cup sequencer); analogamente sono stati identificati tutti i frammenti triptici derivanti dalla digestione dell'enzima modificato in presenza di 5'AMP. Dalla comparazione dei risultati ottenuti é stato possibile identificare nella tirosina 75 il residuo che viene specificamente protetto dall'effettore allosterico e che quindi é coinvolto nel sito di legame con il 5'AMP.

5. Alcool dedrogenasi da Sulfolobus solfataricus (Lavori 21 e 32 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
Le alcool deidrogenasi sono enzimi largamente distribuiti nel regno animale e in quello vegetale; nell'ambito delle deidrogenasi dai batteri termofili sono state caratterizzate tre alcool deidrogenasi da B. stearothermophilus, T. ethanolicus e T. brockii e solo di quest'ultimo enzima é stata determinata la struttura primaria. Dall'archeobatterio termoacidofilo Sulfolobus solfataricus é stata purificata e caratterizzata una alcool deidrogenasi (SsADH) che mostra una preferenza stereoselettiva nel produrre (S)-alcool da chetoni prochirali; l'enzima é un dimero costituito da due subunità identiche di circa 36 KDa unite da legami non covalenti e utilizza il NAD+ come coenzima. La struttura primaria dell'enzima é stata determinata sequenziando i frammenti ottenuti dopo digestione con bromuro di cianogeno (CNBr) e tripsina e successiva separazione dei frammenti prodotti mediante HPLC; tutti i frammenti ottenuti sono stati sequenziati utilizzando un sequenziatore automatico di proteine (gas phase). Sulla base della sequenza N-terminale della proteina e dei peptidi ottenuti é stato possibile sintetizzare due oligonucleotidi che sono serviti per analizzare una library genomica di DNA clonata in λEMBL3. La struttura primaria completa della ADH da S.solfataricus é stata ottenuta combinando i risultati ottenuti dalla sequenza della proteina e del corrispondente gene. Sebbene il grado di identità di sequenza con altre ADH da mesofili sia basso (24-25%) la gran parte dei residui funzionalmente e strutturalmente importanti sono conservati o sostituiti conservativamente; in particolare i residui di cisteina partecipano alle interazioni con i due atomi di zinco (catalitico e strutturale) e sono coinvolti in motivi strutturali tipo "zinc-fingers". Per studiare il meccanismo di catalisi della SsADH sono stati utilizzati una serie di agenti alchilanti che specificamente modificano residui di cisteina; sebbene di solito questi tipi di modificazioni chimiche portino ad una perdita parziale o totale dell'attività catalitica, la carbossimetilazione con iodoacetato della SsADH in assenza di NAD+ produce un aumento della sua attività di ossidazione e un cambiamento nelle caratteristiche di termostabilità e termofilicità; al contrario la presenza di NAD+ durante la reazione previene questa attivazione. Mediante studi di affinity labelling dell'enzima con iodoacetato si é potuto comparare le proprità dell'enzima carbossimetilato in presenza e in assenza di NAD+; in particolare, mediante studi di idrolisi enzimatica dell'SsADH carbossimetilata e successiva analisi di sequenza dei frammenti prodotti, si é trovato che in assenza del coenzima tutte le 5 cisteine presenti nella SsADH vengono carbossimetilate, ma in presenza di NAD+ la cisteina presente in posizione 38 della sequenza non viene modificata. Questo risultato indica che lo iodoacetato attiva la SsADH mediante carbossimetilazione della cisteina38 e che questo residuo si trova nel sito di legame del NAD+.

6. Emoblobine purificate da teleostei antartici (Lavori 6-12, 15-20, 27 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
Durante il crescente isolamento geografico e climatico del supercontinente Gondwana, si é prodotto un fronte oceanico definito, pressoché circolare che é stato definito Convergenza Antartica; questa si trova oggi tra i 500 S e 600 S (molto a nord rispetto alle coste antartiche) e corrisponde alla zona dove gli strati superficiali delle fredde acque antartiche sprofondano al di sotto delle acque subantartiche, meno fredde e meno dense. Durante tutto l'anno la temperatura del mare che bagna le coste dell'Antartide si trova ad un valore costante di -1,87 °C; malgrado questa condizione apparentemente proibitiva le acque non sono affatto disabitate.
L'evoluzione dei pesci antartici ha portato all'adattamento degli organismi a condizioni ambientali che non consentirebbero la sopravvivenza ai pesci di acque temperate, ma che sono invece le uniche dove essi possono vivere e riprodursi; se infatti i pesci antartici si venissero a trovare in acque a temperature leggermente più elevate (1-20C), morirebbero rapidamente. La Convergenza Antartica, quindi, essendo una barriera naturale alla migrazione in entrambe le direzioni, é stata un fattore determinante per l'evoluzione delle specie antartiche che ha portato alla loro resistenza al congelamento (sintesi di proteine antigelo) e, tra l'altro, alla modificazione delle proprietà del loro sangue. In particolare il numero degli eritrociti e la concentrazione di emoglobina sono notevolmente diminuiti ed inoltre la molteplicità di emoglobine é notevolmenta ridotta rispetto a quella dei pesci che vivono in acque temperate. La famiglia dei Channichthyidae é del tutto priva di emoglobina: il trasporto dell'ossigeno avviene per dissoluzione fisica nel sangue, che é incolore; questi "icefish" sono gli unici teleostei senza emoglobina che si conoscano.
A causa di queste caratteristiche evolutive peculiari, lo studio degli aspetti biochimici e fisiologici della respirazione nei teleostei antartici, e in particolare del rapporto fra la struttura della emoglobina e la sua funzione biologica,  riveste grande interesse conoscitivo. Nell’ambito di studi sulle basi molecolari dell'adattamento dei teleostei antartici alle basse temperature ambientali la sottoscritta si é interessata sia della caratterizzazione strutturale di alcune emoglobine purificate dal sangue di teleostei antartici, sia dello studio della loro funzione biologica. In particolare ha delucidato la struttura primaria di nove emoglobine purificate da sette organismi antartici diversi e ha studiato le caratteristiche ematologiche del loro sangue. Il grado di identità di sequenza fra queste catene globiniche e quelle purificate da teleostei non adattati alle basse temperature é di circa il 50%; questa percentuale aumenta considerevolmente (90-97 %) se il paragone viene effettuato fra globine purificate da organismi antartici anche appartenenti a famiglie diverse. Ciò non é stato finora riscontrato in famiglie di pesci non antartici ed, inoltre, questa caratteristica sembra indicare che famiglie diverse, sottoposte durante decine di milioni di anni ad una comune (e molto severa) pressione evolutiva al di sotto della Convergenza Antartica, si sono evolute in modo estremamente simile. Inoltre l'analisi di sequenza mostra che le regioni che nella molecola rivestono importanza per la struttura quaternaria (assemblaggio e disposizione spaziale delle quattro catene globiniche), compresi i residui amminoacidici noti come invarianti nei vertebrati, non mostrano mutazioni di rilievo; la maggior parte delle sostituzioni, infatti, sono localizzate in domini che non rivestono importanza strutturale e funzionale.
Mediante studi di cristallografia ai raggi X condotti sulla emoglobina Hb1 di Pagothenai bernacchii nella forma R ed il successivo paragone con la struttura della emoglobina umana A si é potuto constatare che le due proteine sono molto simili nella struttura tridimensionale nonostante il grado di identità di sequenza sia solo del 50% circa; in particolare si evidenziano differenze nelle regioni N- e C-terminale delle due proteine che rappresentano zone di maggiore flessibilità della molecola.
Lo studio delle caratteristiche ematologiche del sangue di pesci antartici ha messo in evidenza che essi sono caratterizzati da un ridotto numero di eritrociti, da una concentrazione di emoglobina più bassa e da una molteplicità molto ridotta rispetto ai pesci di altre latitudini, che posseggono fino a 7-8 componenti differenti dal punto di vista funzionale. Dal momento che la molteplicità e la diversità funzionale delle emoglobine stanno ad indicare la necessità di adattarsi ad un ambiente variabile, e che l'ambiente marino antartico ha invece caratteristiche chimico-fisiche relativamente costanti, i pesci antartici non hanno probabilmente bisogno di più di una emoglobina. Studi sul trasporto di ossigeno nel sangue di diverse specie antartiche hanno dimostrato che l'affinità per l'ossigeno dell'emoglobina é generalmente più bassa di quella che si riscontra nei pesci non adattati alle basse temperature; questa caratteristica é probabilmente correlata alla alta concentrazione di ossigeno dissolta nelle fredde acque antartiche e può essere considerata uno degli aspetti dell'adattamento alle basse temperature.

7. Idrolasi isolate da semi di frumento (Lavoro 26 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
Gli inibitori di proteasi da cariosside di frumento tenero sono stati poco caratterizzati e al momento in cui la Prof.ssa Caruso si è interessata della organizzazione strutturale di proteine idrosolubili isolate da cariosside di frumento tenero si sapeva ancora poco del loro ruolo fisiologico; é stato ipotizzato per essi un ruolo riserva, relativamente all'elevato contenuto di cisteine, o di difesa contro l'attacco di insetti e parassiti.
A partire dagli anni '60, sono state studiate alcune proteine con attività antiproteasica isolate dalla frazione albuminica della cariosside di frumento esaploide; in particolare, sono stati isolati da embrione di frumento tenero due gruppi di inibitori indicati come isoinibitori di Tipo I e di Tipo II, che sono stati solo parzialmente caratterizzati dal punto di vista strutturale.
La sottoscritta ha caratterizzato dall'endosperma di Triticum aestivum una proteina basica capace di inibire sia l'attività triptica endogena che varie tripsine animali (bovina, porcina), ma che non é in grado di inibire altri enzimi idrolitici quali α-amilasi, chimotripsina, elastasi e subtilisina. Tale proteina, denominata WTI (Wheat Trypsin Inhibitor), ha un peso molecolare di 7950 Da e un punto isoelettrico pari a 8.7. Questo inibitore, la cui sequenza é stata completamente delucidata, consiste di una singola catena polipeptidica di 71 amminoacidi e possiede 12 cisteine tutte impegnate in ponti disolfuto. Dati cinetici indicano per il WTI un rapporto stechiometrico di combinazione di 1 a 1 con la tripsina pancreatica bovina; ciò porta a classificare questa proteina come un inibitore a singolo dominio. Esperimenti di cromatografia di affinità, effettuati con tripsina immobilizzata su agarosio, hanno portato alla identificazione di un singolo sito reattivo localizzato frai residui di Arg19 e Met20. Studi comparativi fra la sequenza del WTI e quella di altri inibitori isolati da cereali e da leguminose hanno evidenziato che il grado di identità é dell'ordine del 30-35%. Sulla base dei dati su esposti é stato possibile classificare questa proteina come un inibitore di tripsina di tipo Bowman-Birk a singolo dominio.
Recentemente si é riscontrato che il WTI possiede una forte attività antifungina nei confronti di diversi funghi specifici per il frumento ed anche nei confronti di fitopatogeni polifagi; sulla base di questi risultati si puo' ipotizzare il diretto coinvolgimento di questa proteina in meccanismi di protezione delle piante in seguito all'attacco di patogeni.

8-9. Proteine Pathogenesis-Related (PR) isolate da semi di frumento (Lavori 22, 30, 38-48, 54 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
Le specie vegetali rispondono a situazioni di stress ambientali (alterate condizioni climatiche, ferite meccaniche, attacco di agenti patogeni, etc.) adottando vere e proprie strategie di adattamento e di difesa.
E' noto infatti che in seguito a stimolazione esterna si ha una immediata risposta che prevede tra l'altro la sintesi di nuove proteine che svolgono funzioni protettive nei tessuti delle piante; queste proteine, definite "pathogenesis-related (PR)", sono state per la prima volta isolate dal tabacco infettato con virus TMV e successivamente anche da altre piante sottoposte a vari tipi di stress. Le proteine PR sono state recentemente suddivise in 17 famiglie sulla base della loro sequenza primaria, delle relazioni sierologiche e sulla base dell’attività enzimatica o biologica. Alcune di queste, in particolar modo quelle appartenenti alla famiglia PR-4, hanno ancora una funzione sconosciuta, altre sono dotate di un’attività enzimatica, altre esercitano una azione di permeabilizzazione della membrana plasmatica ed, in generale, tutte mostrano una più o meno spiccata attività antifungina nei confronti di numerosi fitopatogeni.
Le proteine PR vengono principalmente indotte durante la risposta sistemica acquisita (SAR) e compaiono in tessuti della pianta distanti rispetto a quello infettato. In effetti, rispetto alle alterazioni caratteristiche che avvengono nell’ospite successivamente all’incontro con il patogeno, quello della trascrizione dei geni che codificano per le proteine PR è un evento piuttosto ritardato. Questo ha, in un primo tempo, lo scopo di ridurre la grandezza ed il numero delle lesioni generate al sito di infezione che determina la risposta ipersensibile (HR) ed, in generale, blocca la diffusione del patogeno negli altri tessuti della pianta. L’espressione di queste proteine viene indotta da una serie di elicitori che possono, ad esempio, originarsi dalla parete cellulare del patogeno e che includono frammenti di chitina e di glucano, peptidi e glicoproteine extracellulari secrete da alcune specie di funghi, oligosaccaridi e proteine di origine batterica. Oltre a questi si è, però, visto che anche sostanze prodotte dall’ospite, che servono come segnali secondari per attivare le difese della pianta, possono indurre l’espressione dei geni per le proteine PR. Tra queste ritroviamo, ad esempio, specie reattive dell’ossigeno, acido salicilico (SA), etilene e giasmonato. Le proteine PR acide vengono principalmente espresse in risposta al rilascio di SA, mentre i geni che codificano per quelle basiche vengono trascritti in risposta alla produzione di etilene e giasmonato. Questi elicitori si pensa che svolgano la loro azione interagendo con delle sequenze regolatorie che sono state identificate a livello del promotore di alcuni geni per le proteine PR.
Tra tutte le famiglie descritte la PR4 è tra le meno caratterizzate. Essa è costituita da proteine con una massa molecolare compresa tra i 13 kDa (classe I) ed i 20 kDa (classe II), caratterizzate da una spiccata attività antifungina nei confronti di numerosi funghi patogeni.
Le proteine appartenenti alla prima classe, sono caratterizzate da un dominio NH2-terminale ricco di cisteina di circa 5 kDa simile all’eveina, una piccola proteina antifungina che lega la chitina, e da un dominio C-terminale di circa 13 kDa. Anche se il meccanismo d’azione di tali proteine non è stato ancora completamente chiarito è stato ipotizzato che le proteine PR4 di classe I, possedendo il dominio N-terminale hevein-like, potrebbero legare la chitina in via di formazione sulla parete cellulare fungina, alterando la polarità cellulare e, di conseguenza, anche la crescita del fungo.
La seconda classe della famiglia PR4, invece, è contraddistinta da proteine prive del dominio N-terminale eveina-simile e caratterizzate esclusivamente dal dominio C-terminale di 13 kDa; di queste, ne sono state isolate alcune isoforme sia da dicotiledoni che da monocotiledoni
La caratterizzazione strutturale e funzionale delle proteine PR4 nel frumento tenero e' al momento molto deficitaria ed e' sicuramente di notevole interesse giacche' questo cereale e' di fondamentale importanza alimentare.
Dalla cariosside di Triticum aestivum cv. S. Pastore la sottoscritta ha purificato quattro proteine basiche di circa 13kDa, denominate wheatwin1, 2, 3 e 4, che sono state completamente sequenziate; tra queste le meglio caratterizzate sono le proteine wheatwin1 e wheatwin2. Queste proteine sono molto simili (97% identità di sequenza) e sono composte da una singola catena polipeptidica di 125 amminoacidi che presenta il residuo N-terminale bloccato da un residuo di piroglutammico; tutti i residui di cisteina sono impegnati in 3 ponti disolfuro. L'analisi comparativa di sequenza ha mostrato un elevatissimo grado di identità delle proteine wheatwins (95-97%) con l'omologa proteina (barwin) isolata da semi di orzo e con proteine espresse da geni indotti da ferita nella patata (Solanum tuberosum) e nell'albero della gomma (Hevea brasiliensis). La proteina barwin, inoltre, é stata ritrovata anche in foglie di orzo sottoposte a ferite meccaniche e mostra una spiccata attività antifungina in vitro. Sulla base della sequenza amminoacidica sono stati condotti degli studi di omologia che hanno consentito di classificare le proteine wheatwins isolate da frumento come appartenenti alla famiglia delle PR4 di classe II.
Allo scopo di determinare il ruolo biologico delle proteine PR4 isolate da semi di frumento tenero, sono stati effettuati dei saggi di attività antifungina utilizzando due tipi di funghi patogeni specifici per il frumento: Fusarium culmorum (che specificamente inibisce la crescita della pianta attaccando il culmo) e Fusarium graminearum (che causa malattie della parte aerea della pianta) e il fungo polifago Botrytis cinerea. Analogamente alla proteina da orzo, tutte le proteine wheatwins presentano una forte attività antifungina nei confronti dei patogeni analizzati e una piu' bassa attività nei confronti del fungo polifago. Inoltre si è potuto constatare che le quattro proteine posseggono una differente capacità antifungina nei confronti della crescita ifale di F. culmorum; in particolare la wheatwin1 e la wheatwin2 sembrano essere le più attive, mentre la wheatwin4 è la meno attiva delle quattro proteine. Il fatto che vi siano differenze nell’attività antifungina delle quattro proteine, nonostante il loro elevatissimo grado di identità di sequenza, è di estremo interesse in quanto indica che anche la minima differenza a livello strutturale può avere effetti notevoli sull’attività biologica. Un metodo che permette di ottenere rapidamente informazioni sulla struttura tridimensionale di peptidi e proteine di sequenza nota si basa sulla conoscenza della struttura tridimensionale di una proteina altamente omologa presa come riferimento. L’approccio usato è quello del “modeling comparativo” che, utilizzando opportuni programmi al calcolatore, permette di costruire un modello strutturale predittivo della proteina in esame basato sulla conoscenza delle coordinate spaziali atomiche della proteina di riferimento.
Per le quattro proteine wheatwins sono stati, quindi, proposti e validati sperimentalmente i modelli tridimensionali, costruiti sulla base della conoscenza della struttura tridimensionale, determinata in soluzione con NMR, della proteina barwin da orzo che ha un’alta identità di sequenza con le proteine di interesse. Da una analisi approfondita delle minime differenze strutturali fra le quattro proteine wheatwins è stato possibile mettere in evidenza delle differenze particolarmente marcate nella regione N-terminale. Sulla base di queste evidenze si è avanzata l’ipotesi che la porzione N-terminale probabilmente svolge un ruolo importante nel determinare una differente capacità antifungina delle stesse. Sebbene non sia ancora chiara l'importanza funzionale delle differenze strutturali, l'esistenza di quattro proteine con differente attività antifungina potrebbe rappresentare un vantaggio selettivo per il frumento verso un spettro molto ampio di potenziali patogeni.
Molto recentemente si è potuto dimostrare che le proteine PR4 di frumento posseggono una attività ribonucleasica che si esplica secondo un meccanismo acido-base simile a quello già proposto per la ribonucleasi A e per ribonucleasi T1. Questo risultato è di estrema importanza perché è la prima volta che viene proposto un meccanismo d’azione per queste proteine potenzialmente molto utili dal punto di vista applicativo.
La sintesi delle proteine wheatwins é specificamente indotta in germogli di frumento infettati con F. culmorum e si e' potuto anche verificare che in seguito all'infezione si induce la sintesi anche di altre proteine PR appartenenti a classi diverse come glucanasi, chitinasi e perossidasi; questi risultati indicano che la risposta ad uno simolo esterno non e' univoca, ma comporta la sintesi simultanea di diverse proteine che agiscono secondo meccanismi di azione differenti. Così come altre proteine PR4 già caratterizzate anche quelle isolate da frumento tenero vengono indotte in seguito a trattamento con acido salicilico e metil giasmonato, nonché in seguito a stress di tipo abiotico come ferite meccaniche (wounding).
Recentemente sono stati identificati i due cDNA codificanti per le proteine wheatwin1 e wheatwin2 utilizzando dei primer specifici disegnati sulla base delle sequenze note. L’analisi della sequenza nucleotidica ha messo in evidenza la presenza al 5’ di una sequenza leader codificante per una regione N-terminale altamente idrofobica tipica dei peptidi segnale per la traslocazione attraverso il reticolo endoplasmatico, indicando cosi’ che le proteine seguono il pathway di secrezione. Inoltre l'assenza del dominio eveina-simile situato nella regione N-terminale ha confermato l’appartenenza alla classe II delle proteine PR-4. I due cDNA identificati sono stati anche espressi in E. coli, ottenendo proteine ricombinanti biologicamente attive in alta resa.
Recentemente sono stati isolati altri due geni PR4 da frumento utilizzando una libreria genomica costruita nel laboratorio della sottoscritta
Al fine di verificare il coinvolgimento dei due cloni genomici PR4 nelle risposte di difesa della pianta sono stati effettuati degli studi di induzione della loro espressione in coleottili, radici e foglie di frumento tenero in risposta a stress sia di natura meccanica (ferita) che chimica (trattamento con acido salicilico che mima l’effetto stimolato nella pianta dall’attacco di patogeni) mediante saggi di RT-PCR.
La caratterizzazione molecolare dei due geni è proseguita con lo studio dei rispettivi promotori che, con l'ausilio di specifici programmi disponibili in rete, sono stati analizzati in termini di presenza di elementi di regolazione trascrizionale in cis coinvolti nell’espressione genica mediata (o indotta) da patogeni fungini e da elicitori. L'analisi ha consentito di evidenziare la presenza di molteplici elementi di regolazione che conferiscono inducibilità da acido abscissico (E box ), etilene (G box), acido salicilico (W box), basse temperature (LTRE), stress idrico (Myb core), nonché putativi siti di legame per componenti della famiglia Myb.
L’analisi dei promotori dei geni PR4 sta proseguendo con l’identificazione e l’isolamento di proteine che riconoscono gli elementi di regolazione in essi individuati. A tal fine sono state messe a punto analisi di Southwestern in cui frammenti marcati delle regioni promotrici vengono usati come sonde per l'ibridazione con estratti proteici da diversi tessuti delle piante di frumento secondo condizioni di reazione che favoriscono l’interazione DNA-proteina.

Informatica e banche dati (Lavori 13, 24, 25, 28, 33-35, 37 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)
L'utilizzo del personal computer nelle ricerche in campo biochimico va progressivamente progredendo fino a far diventare questo strumento indispensabile sia per lo svolgimento di operazioni complesse e routinarie, sia per la gestione di banche dati di sequenze di proteine ed acidi nucleici. I risultati ottenuti in questo campo si concretizzano nella messa a punto di un algoritmo per la gestione di un data base di sequenze di proteine che consente di cercare molto velocemente una qualunque sequenza contro tutto il data base, permettendone una rapida classificazione .
L'uso dei moderni sequenziatori automatici per la determinazione della struttura primaria di proteine richiede tempi generalmente brevi, tuttavia c’è la sempre crescente necessità di ottenere risultati attendibili e verificabili nel minor tempo possibile. A tal fine sono stati disegnati tre diversi algoritmi che utilizzano dati di sequenza ottenuti da miscele di peptidi evitando, così, la purificazione ad omogeneità dei frammenti derivanti da digestioni proteolitiche. Inoltre, è stato anche proposto un altro algoritmo che determina la mappa di frammentazione di una proteina di sequenza nota in base all’agente idrolitico utilizzato. Quest’ultimo algoritmo è stato anche validato sperimentalmente verificando la presenza di alcune proteasi nell'intestino di un insetto parassita delle piante (Heliotis zea) e nei brodi di cultura di un fungo ligninolitico (Trametes trogii). Infine è stato anche messo a punto un programma che consente di localizzare i ponti disolfuro presenti nelle proteine utilizzando dati di spettrometria di massa delle miscele peptidiche derivanti dall'idrolisi della proteina nativa di interesse.
Altre tematiche (Lavori 14, 23, 29, 36, 49 dell'elenco Pubblicazioni in forma estesa)

Durante il corso della sua carriera scientifica la sottoscritta ha avuto modo di collaborare con altri gruppi di ricerca interessati alla caratterizzazione strutturale e funzionale di proteine di particolare importanza.
In particolare, sono stati effettuati degli studi:
1.    sulla proteina CH21, proteina embrionale di pollo regolata durante lo sviluppo che é coinvolta nel controllo del differenziamento cellulare;
2.    sulla catalasi da Bacillus subtilis che svolge un ruolo protettivo contro stress ossidativi;
3.    sulle laccasi di Trametes trogii che sono molto utili per la comprensione dei meccanismi che i funghi usano per degradare polimeri naturali usati come nutrienti;
4.    sulla proteina SV-4 secreta dall’epitelio delle vescicole seminali di ratto. Questa proteina è particolarmente interessante per le sue molteplici caratteristiche funzionali; essa è, infatti, dotata di attività immunomodulatoria, anti-infiammatoria e procoagulante.
 

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