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Sara che ha scelto. E ti strattona ancora...

SARA CHE HA SCELTO. E TI STRATTONA ANCORA, IN UNA NOTTE DI CAFFEINA

di Sara Balzerano

Eravamo fermi, mentre la città tutta intorno scorreva velocemente, con il chiacchiericcio e l’aspettativa che hanno solo i giorni di festa.
Eravamo fermi, e tu ti sei avvicinato pigramente alla nostra postazione con - sul viso - l’indifferenza di chi non vuole dare troppe spiegazioni.
Con due battute hai messo a tacere ogni discorso: “Prendo qualche guida. Chissà che a trent’anni non faccia la stronzata di tornare a studiare.”
Sei andato via senza cercare risposta, anche se la risposta, la mia risposta, sono riuscita a gettartela dietro, poco prima che ti allontanassi. Ti ho strattonato per l’ombra, per la strada che stavi calpestando, trattenendoti ancora qualche secondo. “E’ una stronzata che ho fatto anche io. La migliore che potessi fare”.
Non so se mi hai sentita, distante da noi per passi e per timore, se hai colto nelle mie parole la comprensione di un percorso comune, la mano stretta a sussurrare: “Io ti capisco ”.
So però che è stato bello essere lì, in quel brevissimo incrocio di vite. E’ stato bello, per me, avere la possibilità di cercarmi nel tuo sguardo sconosciuto e arrogante.
In tutte e dieci le sere passate al festival di Caffeina, con la guida in mano e il cartellino “Sara Disucom” appeso al collo, sei stato il momento che è valso la pena aspettare.
Tutto l’Ateneo era lì, tutti i tutor a rappresentanza di tutti i dipartimenti. Maglie e poster colorati. E scambi. E chiacchiere. Esami, professori, lauree. “Hai finito? Quanto ti manca? E dopo?”.
Già. E dopo? Dopo che si fa? Che facciamo? Che farò io? Io che ho invertito il ciclo, che ho il prima e il poi con il posto cambiato.
E che farai tu? Tu, che chiami “stronzata” un riagguantare il tempo e, scompigliando le carte in tavola, riuscire forse ad avere la mano vincente.
Mi auguro che tu faccia questa scelta. Perché la vita non viene sempre bene se si segue la ricetta.

Domenica sera è finito tutto. Il rumore dell’interruttore della nostra postazione ha spento le maglie colorate, i poster, i cartellini appesi al collo.
Pronti per la prossima occasione, certo, ma accantonati per un po’.
I saluti e gli arrivederci si intonano bene con le strade sporche di passaggio e le luminarie testardamente accese.

Non ti ho più visto, dopo quella sera. Mi auguro di incontrarti, prima o poi, nel mio Dipartimento, in qualche altro, durante un esame a dire il nostro “chi me lo ha fatto fare”.
Buona “stronzata”, a te.

Buona vita.